Before this trip, the thoughts that I had about myself were based on the thoughts that the people who saw me growing up had about me. Those thoughts are not always and necessarily positive. Therefore, meeting new people, in a completely different context, can give you the opportunity to reset everything and leave behind all of your uncertainties.
The initial fear
I was 14 when I made my first trip abroad, in 2001. The input came from my father wanting to teach me the value
of money and some more discipline. Therefore, he pushed me in the world of seasonal work. The money I would
have earned would then be used to co-finance a study holiday in England, for two weeks in the Goldsmiths
College of London. The idea of this experience was not making me happy. Rather, it worried me. For the 14
years old I was, who never got out from his region, if not really in the company of his parents, the idea of
leaving family and friends for that amount of time, by virtue of an experience whose weight was completely
unknown to him, was not that great.
Even so, those two weeks changed my life.
Imagine that you never ever left, by yourself, the place where you lived in. Imagine that in that place there
are all your knowledge, all of your certainties. That place is nothing but your comfort zone. Leaving your
comfort zone always requires a tremendous effort and, sometimes, the intervention of a person (in this case,
my father) can be decisive, especially when the age does not allow you to make decisions indipendently.
Then, this was my state of mind while, in the car, my parents were taking me to Brindisi's airport, the place
in which they would have “given” me to the care of the group leader, the person who would have guided me and a
quite large group of people of my same age for the next two weeks. By the way, my mind, focused on the certainties
that I was leaving behind, couldn't take in consideration another factor, an extremely important one.
The place where I was born and raised was not only the place in which all my certainties existed but the place
in which all of my weaknesses lived too.
Who I was before
The idea that we have about ourselves, especially when we're very young, is not only tied to the things we think
about us. It is, instead, tied up to what others think about us. What do our classmates think about us? What about
our family? What about the people we are used to spend time with, during our free time?
Now, the image of ourselves that comes out, based on others' opinions, could, of course, be positive or not entirely
negative but it is unreliable because it doesn't take in consideration our growth and our new experiences.
Picture a kid in primary school who, one day, couldn't keep his shit inside (I'm not talking about me even if it
doesn't bother me that you may think it). Time goes by and the people remain the same as then. Some former
classmate is again in his class and there, in a way or another, the kid finds himself in the shadow of that
trauma, afraid that the new classmates can get to know too. Practically, there's no escape. Past is there.
You can grow up, change and become the king of keeping your shit inside but you'll end up being the shitpants of
some years before, all over again, unless you try and change place and meet new people, at least for a while.

L'insicurezza iniziale
Avevo 14 anni quando feci il mio primo viaggio all'estero, nel 2001. Lo stimolo arrivò da mio padre che, intenzionato
ad insegnarmi il valore dei soldi ed un po' di disciplina in più, mi spronò a buttarmi nel mondo del lavoro stagionale.
I soldi che avrei guadagnato sarebbero, poi, serviti a co-finanziarmi una vacanza studio in Inghilterra, per due
settimane nel Goldsmiths College di Londra. L'idea di questa esperienza non mi rendeva felice. Piuttosto, mi
impensieriva. Per il quattordicenne che ero, mai uscito dalla propria regione, se non proprio in compagnia dei
suoi genitori, l'idea di lasciare famiglia ed amici per due settimane, in virtù di un'esperienza il cui peso gli
era del tutto ignoto, non era proprio il massimo.
Eppure, quelle due settimane cambiarono la mia vita.
Immagina di non essere, per l'appunto, mai uscito dal luogo in cui vivi, da solo. Immagina che in quel luogo ci
siano tutte le tue conoscenze, tutte le tue certezze. Quel luogo non è altro che la tua zona di comfort. Lasciare
la propria zona di comfort richiede sempre uno sforzo immane e, a volte, l'intervento di una persona (in questo caso,
mio padre) si rivela decisivo, soprattutto quando l'età non ti permette ancora di prendere decisioni in autonomia.
Ecco, questo era l'approccio che avevo mentre, in auto, i miei genitori mi accompagnavano all'aeroporto di Brindisi,
luogo in cui mi avrebbero “ceduto” alle attenzioni del group leader che, da lì, avrebbe guidato me ed un folto
gruppo di miei coetanei per il corso delle successive due settimane. Tuttavia, la mia mente, focalizzata sulle
sicurezze che lasciavo alle spalle, non riusciva a prendere in considerazione un altro fattore, un fattore
estremamente importante.
Il luogo in cui ero nato e cresciuto non era solo il luogo in cui risiedevano tutte le mie certezze ma anche il
luogo in cui esistevano tutte le mie debolezze.
Chi ero prima del viaggio
L'idea che abbiamo di noi, soprattutto da giovanissimi non può essere solo legata ad una concezione che noi stessi
abbiamo della nostra persona. Essa, invece, è legata strettamente all'idea che gli altri hanno di noi. Cosa pensano
i nostri compagni di scuola di noi? Cosa pensano i nostri famigliari? Cosa pensano quei coetanei con cui condividiamo
il tempo libero, in strada, a giocare?
Ora, questa immagine di noi stessi, basata sul pensiero altrui, potrebbe anche essere positiva o non del tutto
negativa ma è certamente un'immagine inaffidabile, che tiene poco conto della nostra crescita e delle nostre
esperienze.
Immagina un ragazzino che, in prima elementare, ha la sfortuna di non riuscire a trattenere un bisogno corporale
(non parlo di me, sebbene non mi infastidisca il fatto che possiate pensarlo). Il tempo passa, le persone che lo
circondano restano le stesse di allora. Qualche compagno delle elementari si ritrova con lui anche nelle scuole
medie e lì, in un modo o nell'altro, il ragazzino si ritrova di nuovo all'ombra di quel trauma che anche i nuovi
compagni possono venire a conoscere. Praticamente, non c'è via di fuga. Il passato è lì. Puoi crescere, cambiare,
diventare il re del “trattenere la merda nel tuo intestino” ma sarai sempre il cagasotto di cinque anni prima, a
meno che non provi a cambiare aria ed a conoscere nuove persone, almeno per un po'.

Quindi, la soluzione è fuggire dai problemi?
Il nuovo me
Stando alla mia esperienza, la soluzione sta nell'uscire, almeno temporaneamente, dalla zona di comfort per
immergersi in un contesto nuovo, popolato da nuove persone. Queste persone diventano la nostra occasione per
staccare totalmente con il passato, un'occasione per essere conosciuti e valutati per ciò che siamo in questo
momento. Certo, se ti caghi addosso anche in questa occasione, potresti avere qualche problema ma mettiamo il
caso che, crescendo, hai imparato a trattenere i bisogni sino al momento giusto della catarsi.
Ciò che puoi scoprire, in un'esperienza simile è che, in fin dei conti, quella che consideravi la tua zona di
comfort era, in realtà, il tuo inferno, un inferno in cui tornerai con una nuova consapevolezza di te, priva
di pregiudizi e che ti permetterà di stimarti, per quanto le parole di qualcuno che, per brillare, ha bisogno
di oscurare l'altrui luce, possano ancora ferire.
Davanti a tutto ciò, la prima esperienza con una lingua straniera e le visite in luoghi che non hai mai visto
diventano il mero sfondo della tua crescita personale e ti ritrovi a scoprire che il primo e più importante
viaggio da fare è quello attraverso sé stessi.
Tornando alla mia esperienza, cosa dire? Le due settimane nel Goldsmiths College di Londra sono state il miglior
tempo che avessi vissuto sino ad allora, conobbi un sacco di persone provenienti da tutta Italia, oltre agli
inglesi con cui mi interfacciavo e con queste persone mi confrontai, imparai, mi divertii e, da tutto ciò,
venne fuori anche il mio primo bacio...
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